venerdì 12 giugno 2015

GLI ALAMARI ovvero " La candela alta e la candela bassa". Dai racconti "Gente di Venezia" by Alberta Bijoux

GLI ALAMARI ovvero "La candela alta e la candela bassa". Dai racconti "Gente di Venezia" by Alberta Bijoux.
Un altro racconto che si fonde con il Fimo per diventare un bijoux ricco di  particolari significativi capaci di trasmettere emozione.....almeno spero!
 
Buona lettura.....

Era rilassante osservare, all'interno della Chiesa di San Polo a Venezia,
 le fiammelle delle candele accese fino a perdersi all’interno del loro scintillio dorato.
Era bello toccare la cera che colava cercando di scottarsi un po' il dito per ritornare vigili e alla realtà.

 Le fiammelle riuscivano a scaldare nelle fredde giornate invernali, con il loro fuoco carico di speranza, il corpo infreddolito di chi si fermava per un attimo a guardarle, entrato di fretta in Chiesa per un segno della croce e un saluto a Sant’Antonio.

C’erano sempre tante candele in quella Chiesa: era strano, quasi catartico, osservarle tutte;
 tutte strette dalle loro pinze, tutte inclinate diversamente e tutte di lunghezze diverse, certe alte, certe basse: un po’ come la gente che le aveva accese e posizionate.

Chi era entrato prima, chi era entrato dopo.


Chi l’aveva accesa prima, chi l’aveva accesa dopo.


Candele di speranza che, con quel loro piccolo fuoco, cercavano di scaldare i cuori e l’umida Chiesa.


Il lunedì mattina entrava sempre una signora con le borse della spesa di plastica; sarà stata sulla sessantina; sempre di corsa accendeva una candela a S. Antonio posando a terra i sacchetti  che regolarmente andavano a scomporsi addosso al muro sgretolato. Da essi fuoriuscivano pacchetti di pasta e altro che sbattendo sul muro facevano staccare piccoli pezzetti di intonaco, come pelle secca della Chiesa.

 Se ci si avvicinava un po’alla parete, si potevano notare le varie sfumature delle muffe e la trasparenza delle incrostazioni di sale che sgorgavano dai mattoni scoperti e rovinati dal tempo.


Tra le tante persone, che entravano regolarmente nella Chiesa di San Polo,
 c’erano anche due fratelli. Penso fossero stati fratelli o almeno così mi è sempre piaciuto immaginare,
anche se in effetti non si assomigliavano certo molto ed erano stati da me soprannominati "i fratelli Alamari".
Uno era alto e magro con la faccia raggrinzita dalle rughe;
 era molto rigido nei movimenti, come quasi sempre le persone alte, ma la sua aria era comunque molto curata e il suo portamento quasi nobile e l'aria molto british come il verde  del suo cappotto.
 Portava al collo sempre un foulard damascato, sempre lo stesso, e un Montgomery verde con gli alamari sempre perfettamente agganciati.
 
 
You Clay 034 british green, verde come il suo cappotto

 
 
L’altro, quello basso e un po’ sovrappeso, gli camminava sempre appresso e di solito indossava un Montgomery blu dall’aria più dimessa.
 Con le mani giocherellava nervosamente e continuamente con gli alamari di legno del suo cappotto.

 
 
Entravano sempre alla stessa ora, i due fratelli, alle 10.35 di ogni giorno, sia che ci fosse il sole sia che ci fosse pioggia, sia che tirasse vento, sia che ci fosse acqua alta.
 Ma sempre rigorosamente in fila, come i bottoni di una giacca:
 l’uomo alto davanti, l’uomo basso dietro.
 Avranno avuto ottant'anni circa.
 Entrati in chiesa con grande impegno e senza sgarrare mai,
 prima si faceva il segno della croce l’uomo alto, poi l’uomo basso.
 Come se ci fosse stata una certa sudditanza tra i due.
 Prima accendeva la candela l’uomo alto, poi l’uomo basso.
 Un rito cerimonioso e così ripetitivo da risultare sconvolgente per l’ inevitabilità.
Prima si inginocchiava l’uomo alto, posando ai piedi dell'altare un fiore, poi si inginocchiava l’uomo basso.
 Rimanevano inginocchiati esattamente cinque minuti di orologio a pregare in silenzio, poi sempre seguendo il solito turno, si rialzavano e imboccavano la via d’uscita borbottando a mezza voce forse un Padre Nostro.
 Sembravano non curarsi affatto della gente e dei numerosi turisti che incessantemente facevano sbattere il portone d’ingresso per dare una sbirciatina alla chiesa e di me che li osservavo. Sembravano vivere in una dimensione a parte, con il solo scopo di reiterare quei gesti all’infinito per cercare di colmare, forse, il vuoto della mancanza di una persona cara e sentirla così più vicina.
Ma un giorno accadde qualcosa di diverso e l’uomo basso dal Montgomery verde, invece di seguire rapidamente l’uomo alto verso l’uscita, si diresse verso di me, che mi trovavo lì presso la biglietteria di Chorus all'entrata della Chiesa.
 Rivolse i suoi occhi velati verso di me e mi disse in veneziano: - Signorina, la me scusa, la se gà accorto che el move le gambe? – Aggrottai la fronte cercando di interpretare quello che questo strano uomo cercava di comunicarmi.
– Muove le gambe?- risposi con una domanda per prendere tempo e per cercare di capire di chi si trattasse.
 – Signorina, la vada a vardar, la statua de Sant’Antonio move le gambe! Vada subito a vardar! La cora subito, la varda! Se move!-
  L’uomo basso era emozionato per la sua scoperta: la statua di Antonio, ai piedi della quale lui e l’uomo alto pregavano sempre, secondo lui stava movendo le gambe, era animata dalla sua fede, viva.
Riuscii a rispondere:- Dopo vado, grazie!-
L’uomo basso si diresse allora velocemente verso l’uscita per raggiungere l’uomo alto.
Poi qualcosa cambiò.
Per un lungo periodo non li incontrai più in Chiesa.
Qualche mese dopo, riconobbi l’uomo basso dal Montgomery blu che camminava da solo in una calle; camminava di traverso, strisciando quasi le spalle sul muro, come impaurito, sfuggendo la gente. Il suo sguardo era smarrito. Forse era rimasto da solo e non riusciva più a muovere le sue gambe verso la speranza.
 
 
 
 
Ho ritrovato oggi nell'armadio alcuni alamari presi in montagna lo scorso anno . Mi hanno fatto ripensare a questo racconto che fa parte della serie dei miei racconti dal titolo "Gente di Venezia" (scritti anni fa quando lavoravo all'interno delle chiese per Chorus Associazione Chiese di Venezia) , ispirato ai signori col Montgomery dagli alamari di legno .
 
Alcuni di questi racconti come
li ho già voluti condividere con voi qui sul blog, altri saranno pubblicati in seguito.

 Tenendo in mano questi alamari ritrovati, alcuni più grandi, altri più piccoli, e rivivendo l'intensità di tante osservazioni è scaturita l'idea di dare loro vita nuova con  fimo , nappine, perline .
Questo è il risultato.

collana rose in fimo e alamari

Collana Alamari by Alberta Bijoux.
Quando è un Bijoux a raccontare una storia.


collana rose in fimo e alamari nappine

Alamari, fiori e la pasta che la signora perdeva dalla borsa...

collana rose in fimo alamari e nappine
 
Collana Alamari by Alberta Bijoux
 
collana rose fimo alamari e nappine

Quando i racconti si trasformano in bijoux
 

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vi risponderò con piacere.

 
 

1 commento:

  1. Sono passati tanti anni da quando lavoravo nelle Chiese...ma sempre di più mi rendo conto di aver avuto una postazione di osservazione decisamente privilegiata.

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